Atr e Richetti, niente stipendi e niente pausa con la scusa del Coronavirus

TERAMO – Se l’emergenza Coronavirus diventa la scusa per comprimere i diritti dei lavoratori, i sindacati Cgil, Cisl e Uil non ci stanno. E passano alla denuncia pubblica dei comportamenti aziendali, con durissime note inviate alla stampa, per stigmatizzare quanto sta accadendo all’Atr di Colonnella e alla Richetti di Teramo.

 

ATR COLONNELLA. I soldi attesi da dicembre, quelli che dovevano arrivare nelle tasche dei 150 lavoratori entro domani, non si sono ancora visti. E molto probabilmente non arriveranno, visto che il Decreto Aprile, poi Decreto Maggio, poi Decreto Rilancio, non è stato ancora pubblicato. Il patron dell’azienda Antonio Di Murro con questa motivazione si è rimangiato la parola data appena alcuni giorni fa al tavolo istituzionale in Prefettura: «A ventiquattro ore dalla scadenza, l’ennesimo colpo di scena e l’invenzione di una nuova, ennesima, scusa per rimangiarsi la parola: la mancata pubblicazione del “Decreto rilancio”. Solo un soggetto spregiudicato e senza scrupoli poteva, con tale naturalezza, prima vantarsi “addirittura” di aver pagato alcuni stipendi di quelli dovuti (omettendo però di dire quanto abbia fattturato ed incassato in quel periodo), definire “illazioni” le denunce dei sindacati e poi tirar fuori un decreto legato all’emergenza Covid 19 per giustificare mancanze che sono iniziate quando il “Coronavirus” non esisteva». I sindacati, come promesso, da domani mattina riprenderanno il presidio di fronte alla fabbrica del polo del carbonio. 

 

RICHETTI TERAMO. Alla Richetti i sindacati denunciano invece la scomparsa della pausa di 15 minuti, giustificata dalla proprietà come misura anti contagio da Coronavirus. Anche se i sindacati ricordano come nelle misure previste ci sia la possibilità di modifica delle pause, ma non la sua soppressione: «La  direzione aziendale Richetti infatti ha deciso unilateralmente di  togliere  alle lavoratrici e lavoratori  15 minuti di pausa. La motivazione addotta è  ridurre il rischio contagio da coronavirus. Quindi secondo Richetti è meglio restare sulle linea a produrre un quarto d’ora in più, dove la distanza di un metro non sempre è possibile. Tra l’altro fino a pochi giorni fa era un problema avere le mascherine che, secondo l’azienda, devono durare una settimana e a chi osa chiederne una al giorno, si risponde con pressioni “poco amichevoli”». «L’azienda non solo viene meno ad un accordo raggiunto a seguito di una complicata trattativa, utilizza il coronavirus ed i provvedimenti del governo che con le pause non hanno nulla a che vedere. Semmai si può discutere e variare la gestione di tali pause così come suggerito  dai provvedimenti governativi e come concordato in altre aziende, ma non la soppressione».